I neuroni specchio ovvero la capacità di empatizzare

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I neuroni specchio ovvero la capacità di empatizzare

psicologia della sportSi dice che i “neuroni specchio” siano per le neuroscienze ciò che il Dna è per la genetica”, in ogni caso una pietra miliare della ricerca per la comprensione del funzionamento empatico del nostro sistema senso-motorio. In poche parole i Neuroni specchio sono una classe specifica di cellule cerebrali che ha sede nella zona F5 della corteccia motoria,  che si attiva sia quando un soggetto compie una determinata azione specifica, sia quando la osserva compiere da un altro soggetto. Ho redatto questo articolo estrapolandolo dall’intervento di Giacomo Rizzolatti avvenuto a Pordenone nel settembre 2012. Gli studi sui neuroni specchio hanno permesso di studiare e comprendere meglio patologie molto diffuse e socialmente invalidanti come l’autismo a cui ho dedicato l’ultima parte dello scritto. Questa misteriosa malattia ci mostra come le persone autistiche abbiano una grande difficoltà nella comprensione del Vitality affect. Fare con gentilezza o con forza sono concetti indifferenziabili, sbagliano molto nei compiti assegnati e nella vita di tutti i giorni vivono drammaticamente l’impossibilità causata dal deficit di integrarsi con gli altri. Il bambino normale intuisce immediatamente dal rapporto con la madre che cosa fare e come sviluppare progressivamente azioni empatiche. Il bambino autistico non possiede le basi che determinano lo scopo dell’azione, una sorta di predisposizione a non riuscire a comunicare con gli altri. La diagnosi precoce è fondamentale nei casi di autismo: esiste una finestra spazio-temporale in cui è possibile intervenire per riabilitare, questo è  il messaggio che mi premeva dare!! Grazie per i vostri commenti ,buona lettura. Loredana

Negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso il gruppo di ricercatori dell’Università di Parma coordinato da Giacomo Rizzolatti e composto da Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi, Vittorio Gallese e Giuseppe di Pellegrino si stava dedicando allo studio della corteccia premotoria. I primi esperimenti furono effettuati con le scimmie. Si lavorò con i primati seguendo un approccio ecologico (giocando). La metodologia di ricerca permise di osservare in modo naturale le  varie possibilità comportamentali degli animali. Le scimmie non sono condizionate ma libere e lavorano con i ricercatori. Non ci sono premi o punizioni. I ricercatori collocarono degli elettrodi nella corteccia frontale inferiore area F5 di un macaco per studiare i neuroni specializzati nel controllo dei movimenti della mano, come il raccogliere o il maneggiare oggetti. Durante ogni esperimento era registrato il comportamento dei singoli neuroni nel cervello della scimmia mentre le si permetteva di accedere a frammenti di cibo, in modo da misurare la risposta neuronale a specifici movimenti.  Come molte altre notevoli scoperte, quella dei neuroni specchio fu dovuta al caso. L’aneddotica racconta che, mentre uno sperimentatore prendeva una nocciolina dal contenitore preparato per degli esperimenti, alcuni neuroni della scimmia che osservava la scena avevano reagito. Come poteva essere accaduto questo, se la scimmia non si era mossa? Se fino ad allora si pensava che quei neuroni si attivassero soltanto per funzioni motorie? In un primo momento gli sperimentatori pensarono si trattasse di un difetto nelle misure o un guasto nella strumentazione, ma tutto risultò a posto e le reazioni si ripeterono non appena fu reiterata l’azione di afferrare. Da allora questo lavoro è stato pubblicato, con l’aggiornamento sulla scoperta di neuroni specchio localizzati in entrambe la regioni parietali frontali inferiori del cervello (area F5).

Il neurone specchio permette alla scimmia di sparare il potenziale d’azione anche quando lo sperimentatore fa il gesto di portare alla propria bocca del cibo, proprio come in un’attivazione specchio del movimento. Il ruolo funzionale dei neuroni specchio è la comprensione di ciò che fanno gli altri in modo primitivo ed immediato. Se entro in un bar capsico subito che l’avventore sta prendendo un bicchiere, senza pensare a cosa fa. Si ha una attivazione di un pattern motorio a specchio solo con la visione di uno stimolo. Si attiva uno schema motorio completo uguale a quello che si accinge a riprodurre l’osservatore. Questa similarità permette di capire, immediatamente e di empatizzare con il movimento dell’altro. Il nostro sistema motorio codifica lo scopo (esempio prendere un bicchiere). I neuroni parlano attraverso i potenziali d’azione la cui modulazione e comunicazione è determinata dall’intensità della scarica. Ciò che conta non è il movimento (alzare la mano con un bicchiere) bensì lo scopo (prendere il  bicchiere).

Marc Generò, ricercatore francese, ritiene che la mera percezione visiva, priva dell’intervento del sistema motorio, non ci permette di attivare concretamente la riproduzione di un gesto visualizzato. Per spiegare meglio: se siete in un albergo semi addormentati e sentite dei passi, capirete subito che c’è qualcuno che cammina. Ci sono molte azioni che si comprendono immediatamente, tutto questo grazie all’attivazione dei neuroni specchio.

Come nascono i neuroni specchio?

Il  Gruppo di ricercatori di Lovagno usano la Risonanza magnetica funzionale che permette di vedere l’aumento del flusso laterale della corteccia cerebrale (es, mentre accarezzo il gatto, il flusso di sangue aumenta significativamente nella zona di corteccia umana stimolata, quella motoria). Nel gatto che tocca la mano di un uomo  si attiva la zona corrispondente a quella umana.

In un altro esperimento :

la scimmia si siede in posizione di sfinge e fissa un puntino luminoso per 40 minuti prende del cibo e torna nella sua posizione iniziale, mentre svolge il compito in oggetto vengono presentati dei filmati, (anche se lei è interessata al mangiare), osserveremo che si attivano aree cerebrali particolari nella fattispecie:

–         Area Visiva

–         Area Parietale

–         Area F5 ( deputata alla formazione del neurone specchio)

Un altro interessante esperimento eseguito dal gruppo di ricerca di Giacomo Rizzolatti prevedeva di testare una scimmia ferma in uno spazio senza oggetto, ferma in un spazio con un oggetto nello spazio peripersonale , ferma in uno spazio mettendo un oggetto nello spazio extra personale. Si evince che la scimmia reagisce a seconda della collocazione dell’oggetto nel suo spazio. Alcuni neuroni rispondono in maniera fisica ( si regolano in base ai cm che separano la scimmia dal cibo) altri in base alla scarica del potenziale d’azione. E’ l’oggetto lontano che induce alla scarica del potenziale d’azione e di conseguenza all’azione (muoversi per prendere il cibo)

Rizzati e Donelli traslano il concetto all’uomo evincendo che la vicinanza di un pericolo induce una reazione di fuga. Se tra noi e la minaccia esiste una barriera fisica, la reazione di fuga non si attiva. L’uomo reagisce in base alla percezione dello spazio “Peripersonale ed extrapersonale”. Si attiva una reazione ad una percezione visiva di minaccia e si agisce di conseguenza in base alla localizzazione del pericolo.

Nel bambino un semplice ed indolore sistema di studio è la stimolazione magnetica transcranica che prevede l’utilizzo di elettrodi per studiare le reazioni fisiologiche dei neuroni specchio. Il funzionamento dei neuroni specchio viene confermato quando abbassando la soglia della stimolazione magnetica trancranica, mostrando alla persona dei movimenti, la zona corrispondente viene attivata spontaneamente. Nell’uomo a livello statistico su 125 studi è stato dimostrato con precisione quali sono le aree che si attivano osservando il movimento di un altro soggetto ovvero le stesse che si innescano nella scimmia. Area visiva parietale e area motoria. Ci si è giustamente posti la domanda: “se capisco gli altri sono davvero in grado di comprendere tutto in maniera così empatica e spontanea sempre?” Purtroppo esistono dei limiti come mostra l’esperimento di risonanza qui descritto:

Sono rappresentati nella prima parte della ricerca rispettivamente uno studente, una scimmia, un cane nell’atto di mordere del cibo, mostrano come sia presente nell’osservatore l’immediata attivazione dei neuroni specchio poiché in tutte e tre le specie l’atto di mordere è presente e geneticamente programmato. Nella seconda parte assistiamo a messaggi comunicativi:

–         uno studente che legge un giornale in cui si vede il labiale ma non si sente la voce.

–         Una scimmia intenta in un gesto automatico di adattamento ed amicizia tipico della specie (lipspeacking).

–         Un cane nell’azione di abbaiare (l’audio è assente)

I risultati hanno confermato che se non c’è differenza di attivazione dei neuroni specchio nell’emisfero di sinistra, quando si percepisce, uno studente o una scimmia o un cane mordere (poiché atti presenti in tutte e tre le specie), non assistiamo allo stesso fenomeno nel caso della scimmia intenta nel lipspeaking o nel caso del cane che abbaia. E’ assente la capacità di empatizzare: posso far finta di abbaiare o posso riprodurre il suono della scimmia ma non conosco i sentimenti e gli stimoli che portano a quell’azione specifica.

In Inghilterra altri gruppi di ricerca hanno esaminato un campione di ballerini classici, uno di capoeira ed uno di non ballerini, per testare il funzionamento e confermare il funzionamento automatico dei neuroni specchio. I risultati mostrano che davanti alla presentazione di un balletto classico, per imitazione neuronale, vi è una forte attivazione nel campione del ballerino classico, minore in quello dei danzatori di capoheira e lievissima o quasi nulla nel campione di non ballerini. Lo stesso invertendo la presentazione del ballo (capoheira a balletto classico). Autori londinesi mostrano a sorpresa che per quanto riguarda nel ballo l’identità di genere l’attivazione dei neuroni specchio è nettamente superiore e più precisa se si mostra un ballerino dello stesso sesso piuttosto che partner dell’altro sesso. La funzione dei neuroni specchio è un meccanismo molto diffuso e si dimostra che anche negli uccelli canterini c’è un sistema mirror di base che trasforma la rappresentazione sensoriale in un formato motorio il cui cambiamento funzionale muta in base alla localizzazione del cervello della specie in oggetto.

Inizialmente il Mirror Neurons fu definito un meccanismo freddo, riconducibile ad attivazioni e localizzazioni neuronali in cui l’empatia era elemento sconosciuto. Dieci anni fa, questa convinzione fu smentita. E’ facile osservare che davanti alla presentazione di stimoli naturali come l’odore di uova marce, tutto il genere umano risponda con un’espressione di disgusto. Se presentiamo in fase sperimentale ad alcuni soggetti facce di persone che esprimono disgusto, l’area equivalente attivata è quella deputata alla registrazione dell’emozione associata: l’insula. La presentazione dell’odore, mostra nei soggetti l’attivazione del flusso sanguigno del cervello della zona parietale (quella deputata alla funzione olfattiva). Zona che si attiva sia quando percepisco l’odore, sia quando vedo un altro che lo prova. Gli esperimenti sul dolore visto e provato da altri, dimostrano che non siamo meri osservatori estranei e freddi, ma totalmente compartecipi dell’emozione osservata e lo sharing ci rende appartenenti alla stessa comunità.

Lo psichiatra e psicoanalista infantile Daniel Stern, puntualizza nei confronti dei neuro scienziati che sebbene gli studi e le ricerche interessano il come ed il perché di un certo fenomeno, non vengono studiate le dinamiche del movimento che permetterebbero di ottenere infinite informazioni su piccoli elementi osservabili. Parliamo di esperimenti sulla Vitality form. Un esempio: passare un oggetto all’altro con gentilezza o bruscamente. La relazione in questo caso è emozionale e la struttura deputata all’attivazione sensoriale è appunto l’insula, mentre i piccoli gesti che ci accompagnano appartengono ad un’altra struttura (quella motoria).

L’Autismo è una misteriosa malattia che sta diventando epidemica. I Sintomi chiave sono:

–         incapacità di partecipare al mondo degli altri;

–         capacità intellettive e cognitive preservate nella maggior parte dei casi;

–         isolamento progressivo invalidante;

–         capacità di ascoltare e comprendere il messaggio ma impossibilità ad eseguire la risposta (Mi puoi passare il caffè per favore? L’autistico dice sì, ma non esegue l’operazione,  non passa il caffè).

In un esperimento su bambini autistici e su gruppo di controllo eseguito registrando i muscoli deputati all’apertura della bocca, osserviamo il bimbo afferrare un oggetto e metterlo in bocca o nel contenitore. Nel bambino non autistico la risposta allo stimolo è di 800 millisecondi. Prima che il cibo vada in bocca ha già attivato una sequenza fluida di ciò che andrà a fare e se osserva un altro bimbo che mangia avrà un’attivazione congrua degli stessi muscoli dell’osservato. Il bambino autistico, invece, non ha in sé la capacità di organizzare l’intenzione. E’ obbligato a dividere il compito in piccoli script non riesce a trasformare volontariamente ed automaticamente l’intenzione in un’azione specifica. Il bambino non ha dunque deficit cognitivi, ma una cattiva organizzazione motoria. Infatti se osserva un altro bambino non si vedrà nessuna attivazione dei sistemi Mirror, nonostante il grande sforzo compiuto nel cercare di capire come comportarsi nell’esecuzione del compito.

Gli autistici hanno una grande difficoltà nella comprensione del Vitality affect. Fare con gentilezza o con forza sono concetti indifferenziabili, sbagliano molto nei compiti assegnati e nella vita di tutti i giorni vivono drammaticamente l’impossibilità causata dal deficit di integrarsi con gli altri. Il bambino normale intuisce immediatamente dal rapporto con la madre che cosa fare e come sviluppare progressivamente azioni empatiche. Il bambino autistico non possiede le basi che determinano lo scopo dell’azione, una sorta di predisposizione a non riuscire a comunicare con gli altri. La diagnosi precoce è fondamentale nei casi di autismo: esiste una finestra spazio-temporale in cui è possibile intervenire per riabilitare.

Dott.ssa Loredana Blanco

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Dott.ssa Blanco
Dott.ssa Blanco
Ricevo nello studio di TORINO, C.so Francia 20